Il paesaggio ha un preciso significato e le città deserte lo rivelano. Ora non abbiamo più alibi

Frederick Bradley      

Il Fatto Quotidiano, 4/04/2020

 

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Incipit

Le città deserte sono forse il segno più eloquente del paesaggio al tempo del Coronavirus. Neppure durante le estati più torride o in occasione delle più avvincenti finali dei campionati mondiali di calcio, si è vista una tale desolazione, che per di più non si limita a qualche ora ma perdura, incessantemente, da settimane. Semmai, se vogliamo azzardare un paragone sembra più azzeccato quello con il paesaggio urbano di Cernobyl o di Fukushima poco dopo i relativi disastri nucleari. Di fatto, nella sua drammatica semplicità il paesaggio attuale delle nostre città rivela tutta l’incongruenza tra i grandi viali progettati per centinaia di auto, le piazze concepite per l’aggregazione di migliaia di persone, e l’assenza pressoché assoluta di esseri umani. Un’incongruenza che è facile percepire come un’anomalia, inspiegabile se non, appunto, sapendo di vivere nel bel mezzo di una pandemia….