Il paesaggio con le catastrofi segna un prima e un dopo: una sfida epocale per gli urbanisti

Frederick Bradley      

Il Fatto Quotidiano, 20/04/2020

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Incipit

Un evento catastrofico ha in genere la forza per imprimere sul territorio un segno tale che osservando il suo paesaggio possiamo percepire un prima e un dopo l’evento stesso. Questo avviene sia in un contesto naturale, si pensi all’arcipelago di Santorini le cui isole disegnano il bordo dell’immenso vulcano che scoppiando intorno al 1600 a.C. frammentò l’isola originale nella caldera attuale, sia in un contesto antropico, ad esempio il paesaggio di Manhattan con Ground zero al posto delle Torri Gemelle.
Il paesaggio diviene particolarmente eloquente a questo proposito quando la catastrofe ha comportato l’abbandono di un’area urbana da parte della popolazione che l’aveva costruita e che vi viveva. Spesso in questi casi l’abbandono è dovuto a emergenze sanitarie (es. l’epidemia di febbre gialla a Grand Bassam, la vecchia capitale della Costa d’Avorio) o al crollo del sistema socio-economico per motivi diversi (es. le città Maya nello Yucatàn). Qui la lettura del paesaggio è facilitata dal fatto che l’abbandono degli abitanti che lo hanno costruito è stato totale, lasciando la natura libera di ricoprire i segni dell’uomo…..